Onorevoli Colleghi! - Uno dei problemi che maggiormente determina preoccupazioni e tensioni nella vita universitaria è quello dell'immissione in ruolo della docenza.
      Negli ultimi decenni, e specialmente negli ultimi anni, sono stati sperimentati diversi sistemi, ispirati ai più vari criteri, in molti, troppi casi demagogici, corporativi e tendenzialmente clientelari. Tutti hanno mostrato gravi limiti, che hanno progressivamente aggravato i problemi e le tensioni del sistema, anziché risolverli o, almeno, attenuarli.
      Appare per questo urgente cercare di individuare un criterio che, tenendo conto delle esperienze compiute, operi, quanto meno, nella direzione di attenuare le tensioni, senza la presunzione di individuare un sistema «perfetto», del resto inesistente in siffatto ambito di questioni. Va aggiunto che il criterio da definire deve scontare uno dei limiti maggiori degli interventi legislativi, vale a dire la deficienza di sistematicità e la mancanza di una preliminare definizione della problematica culturale sottesa all'attuale situazione di crisi del sistema universitario.
      Orbene, costatato il fallimento del sistema del cosiddetto «concorsone» nazionale - di fatto replicato dalle procedure di valutazione comparativa previste dalla legge 4 novembre 2005, n. 230 - e del sistema poggiante sul principio delle idoneità multiple, si suggerisce di sperimentare una ipotesi che almeno elimini le

 

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principali, rilevate deficienze dei già sperimentati sistemi. Chi scrive dichiara il convincimento che il miglior sistema proponibile sia quello fondato sul giudizio assoluto con vincitore unico, che, accrescendo le difficoltà nel raggiungimento della maggioranza necessaria per la dichiarazione dell'unico vincitore, potrebbe lasciar sperare che, in tal modo, si consegua una maggiore trasparenza e un maggiore spazio per il merito, da far emergere da rigorose comparazioni tra gli aspiranti all'unico posto messo a concorso (ciò dando spazio prevalente alle considerazioni relative alle patologie del sistema che, tuttavia, chi scrive non ritiene prevalenti nella situazione attuale pur di crisi del sistema). Tuttavia, tale sistema, anch'esso fugacemente sperimentato di recente con la messa in luce di altre incongruenze, non appare praticabile né aderente alla situazione di fatto determinatasi a valle di un troppo, insopportabilmente lungo periodo di sperimentazioni inadeguate, che si sono caratterizzate per convergenti conseguenze negative, paradossalmente derivanti da opposte prospettive. Infatti, il «concorso nazionale» non riuscì a rispettare tempi ragionevoli di svolgimento delle procedure e, dunque, di rinnovamento dei quadri della docenza, per di più favorendo il localismo. Di contro, il sistema delle idoneità multiple, se ha certamente determinato un'accelerazione dei tempi (per altro insostenibile per eccesso di procedure), ha determinato un ingolfamento della situazione, creando una sacca di idonei non inseriti nei ruoli, senza evitare, ed anzi accrescendo, il pericolo del localismo; ciò in conseguenza della mancanza di sistematicità degli interventi, ragion per cui l'abolizione dei ruoli della docenza e la penuria dei fondi disponibili, ha provocato il privilegiamento dei candidati locali in quanto meno costosi: le sedi mettono in concorso non un posto ma una differenza di stipendio.
      In siffatta condizione, ai proponenti della presente proposta di legge appare necessario tendere all'innovazione radicale, che, mettendo in discussione il principio stesso del «concorso» tradizionalmente inteso, cerchi di dare forza all'indispensabile dimensione etica di chi si propone ed è chiamato al difficile, delicatissimo compito di giudicare altri uomini, e alla consapevolezza delle esigenze che devono ispirare le strutture universitarie chiamate a garantire la propria qualità ed autorevolezza nel campo della formazione professionale e culturale dei giovani, per di più affermando una competitività tra le sedi, pur non mercantile (come previsto dalla legge n. 230 del 2005, ispirata, nella migliore delle ipotesi, al criterio della produttività aziendalistica).
      In coerenza con quanto fin qui richiamato, sia pure per accenni, si propone di ottenere l'immissione in ruolo sganciando, con ogni determinazione, la valutazione scientifica dei concorrenti dagli interventi procedurali delle sedi interessate, così da privilegiare le esigenze didattiche e di programmazione scientifica, indipendentemente dalle procedure valutative, anche in termini temporali.
      Le procedure di immissione nei ruoli della docenza universitaria devono soddisfare tre esigenze prevalenti:

          1) le aspettative dei settori disciplinari preoccupati di conservare la propria dignità ed autorevolezza scientifica nel mondo della ricerca;

          2) le necessità didattiche delle strutture universitarie deputate all'insegnamento;

          3) la garanzia dei livelli di qualità della ricerca affidata ai dipartimenti e, più in generale, agli atenei interessati a conseguire un buon giudizio dall'autorità di valutazione del sistema universitario e delle sue singole parti.

      Si propone pertanto di sperimentare il criterio della «lista aperta» (ossia senza limiti di posti) di idonei dichiarati tali in sede nazionale, per ciascun ambito disciplinare. Tali liste vanno formate in base a rigorosi criteri di selezione e di competenza, da documentare con pubblica assunzione di responsabilità da parte degli studiosi chiamati a tale delicatissimo compito.

 

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Da tali liste le singole sedi attingeranno i docenti, anche qui in base a rigorosi criteri che vanno definiti, preliminarmente, negli statuti e nei regolamenti delle sedi e delle strutture competenti delle singole sedi e, dunque, nel pieno rispetto dell'autonomia degli atenei, ma anche del sistema complessivo in relazione con l'incidenza che le chiamate effettuate avranno nella valutazione delle singole sedi e degli atenei in generale.
      Infine, va precisato che il sistema proposto, di fatto configurabile come il criterio per la determinazione delle condizioni indispensabili per conseguire una chiamata presso la sede e la conseguente immissione nei ruoli, non corre il rischio di determinare indebite pressioni per la chiamata, in quanto il titolo di idoneità conseguito non è collegabile ad alcun presupposto, ossia ad alcuna manifestazione di volontà di questa o quella sede. Solo dopo il conseguimento dell'idoneità, e in forme del tutto diverse, le sedi interessate potranno, se lo vorranno, in ragione delle proprie esigenze, proporre l'immissione nei ruoli dell'ateneo interessato, ed anche qui in base ad una duplice deliberazione, quella di merito da parte delle strutture didattiche e scientifiche e quella giuridica da parte dei senati accademici.
      Gli articoli della proposta di legge sopra configurata illustrano partitamente i vari aspetti procedurali del criterio suggerito, che si raccomanda all'attenzione dei colleghi deputati.
 

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